Il Corpo Indifeso

 

IL CORPO INDIFESO

In ogni azione del nostro prestare l’assitenza e l’aiuto alle persone che abbiamo in cura,ci viene richiesta,sempre,una certa dose di attenzione nei confronti del singolo che in quel momento stiamo trattando.Sicuramente,uno dei momenti in cui questa attenzione ci viene richiesta con ancora piu’ forza,e’ quello dell’igiene alla persona,insieme al momento della doccia.

Sono,queste,le due situazioni nelle quali piu’ che in tutte le altre,veniamo letteralmente a contatto con il corpo della persona,e della sua intimita’.Due,ritengo,siano i nemici che abbiamo,in questo contesto.

Uno e’ il tempo,sempre e sistematicamente poco,all’interno del quale dobbiamo svolgere decisine di compiti e mansioni nell’arco del turno di lavoro.

Il secondo e’ l’inevitabile abitudine della quotidianita’ della nostra professione,e del fatto che le persone che abbiamo in carico ogni giorno,ci diventano,diciamo cosi’,familiari.

Si e’ portati a pensare che quell’iniziale disagio che la persona legittimamente e ovviamente prova,nell’avere il proprio corpo,la propria nudita’ sotto gli occhi di sconosciuti,(che saranno pure coloro che devono badare alla cura e all’igiene del tuo corpo,e che vedi tutti i giorni,ma sono sempre sconosciuti)sia alla fine sparito,o quantomeno,come si usa dire,ci abbiano fatto l’abitudine.

Se per certi aspetti e’ vero(ma e’ un farci l’abitudine per forza di cose,quindi la chiamerei piu’ una rassegnazione ad una determinata condizione fisica ),dall’altro lato, pero’,non dobbiamo mai dimenticare che il momento della nudita’,di mani che non sono le proprie,quelle che lavano,che puliscono,che mettono in ordine,e’ sempre un momento di grande imbarazzo per chi viene assistito,e che,in fondo non si abituano mai veramente a questi momenti.A noi,come sempre,tocca il compito,umanamente e moralmente di dare e garantire quella dignita’ e quella discrezione che spettano loro di diritto,quando,per ovvie e inevitabili ragioni dobbiamo “invadere” la loro intimita’.

E questa condizione riguarda non solo la realta’ dell’anziano,ma qualunque eta’ in un contesto di malattia o cmunque di dipendenza dagli altri,per varie ragioni.

Due esempi:1)Trentotto anni fa mi trovavao in ospedale per una operazione urgente,seguita da due settimane di ricovero.In quel periodo in cui avvenne il fatto(Settembre’81) avevo appena compiuto 16 anni,e mamma lavorava,per cui poteva farmi visita solamente alla sera.Si presto’ a farmi da “infermiera” la mamma di una mia compagna di scuola, che,quindi,conoscevo bene,in caso avessi avuto bisogno di usare il pappagallo,in quanto non potevo muovermi dal letto.Non la volli,categoricamente,per il semplice fatto che l’idea che qualcuno,seppur conosciuto,avrebbe visto la mia intimita’,mi metteva in un disagio assoluto.Per contro,mi arrendevo alla presenza delle infermiere,le quali,per le ragioni di cui sopra lo avrebbero fatto,in caso di necessita’,ma il disagio e l’imbarazzo di fondo restavano.

2)Per dieci anni ho operato al terzo piano,poi sono passato al Centro Diurno.In una occasione accompagnai in bagno una delle ospiti del reparto,perche’ le colleghe erano entrambe impegnate con un altro compito.Nonostante per dieci anni io avessi eseguito sulla sua persona le azioni del lavare o del pulire, dopo solamente due anni di cambio reparto,alla mia presenza a dover compiere quella determinata azione,confesso’ il suo disagio nei miei confronti.

Detto questo,poi,come sempre,non dimentichiamo che i modi in cui ci poniamo,in cui eseguiamo ogni azione,fanno sempre tutta la differenza del mondo.

Alla prossima, e buon lavoro a tutti.

 

Gianluigi Rossetti

Oss e Consigliere Anoss